martedì 14 ottobre 2014

8-9 luglio. INTERVENTO DEL CIPH AL CAIPAN 14, CNES, Parigi


Qui di seguito trovate abstract e testo tradotto in italiano dell'articolo di presentazione del CIPH, svolta da Nico Conti, al CNES-Geipan (Parigi) il luglio scorso, al workshop CAIPAN14.

LE IMPLICAZIONI DELLA RICERCA STRUMENTALE DEL NON-IDENTIFICATO

Renzo CABASSI1, Nico CONTI2, Jader MONARI3, Stelio MONTEBUGNOLI4, Massimo SILVESTRI5

1 CIPH, Bologna, Italia
2 CIPH, Bologna, Italia
3 Radiotelescopi di Medicina,Medicina (BO), Italia
4 SETI Italy, Bologna, Italia
5 CIPH, Bologna Italia


ABSTRACT

Nonostante le ricerche strumentali circa gli Ufo siano rare, esse sono una parte importante della ricerca ufologica perché permettono di uscire dal dibattito senza fine tra “credenti” e “scettici”.
Questo genere di ricerche mostra soprattutto un punto importante: sin dall'inizio della controversia sugli Ufo alla fine degli anni 40, gli ufologi hanno domandato alla scienza di studiare gli Ufo, mentre ci si poteva aspettare che fossero anche gli stessi ufologia a occuparsi di ciò che la scienza poteva fare circa tale argomento e a sostenere i rari programmi di ricerca esistenti.

Se si escludono i progetti immaginati da scienziati non appartenenti a specifiche istituzioni, all'inizio della storia degli ufo, uno dei primi progetti di ricerca sugli Ufo fu quello attuato da Claude Poher poco prima della creazione del Gepan nel 1977, che intendeva calcolare i costi di installazione di una rete di stazioni di rilevamento magnetico. Purtroppo fu stabilita la non fattibilità del progetto, perché all'epoca troppo costoso.

All'inizio degli anni 80 a seguito di un'ondata Ufo sopravvenuta in Norvegia, e in particolare a Hessdalen, Erling Strand, ingegnere ed ufologo, lancia un progetto per lo studio delle “luci di Hessdalen” (Project Hessdalen, 1984), progetto che continua a proseguire ai giorni nostri, in collaborazione con Bjiorn Hauge.
A seguito di questo primo progetto di studio delle “luci di Hessdalen, l'ufologo Renzo Cabassi, riunisce negli anni 90 un gruppo di ufologi con i quali crea il CIPH (Comitato Italiano per il Project Hessdalen), nel 2000, un comitato che ha per scopo la promozione delle ricerche sui fenomeni constatati a Hessdalen.
Oltre alla ricerca di finanziamenti, l'obiettivo del CIPH è quello di mettere in relazione differenti tipologie di ricercatori – scienziati, tecnologi, sociologi, astrofili – tra coloro che potrebbero essere interessati allo studio dei fenomeni luminosi aerospaziali non-identificati.

Dato che nessuna ipotesi riesce a fare l'unanimità sull'origine degli Ufo, al CIPH sembra interessante rivolgere l'attenzione verso lo studio dei fenomeni che possono rinviare a fenomeni naturali poco conosciuti (vedi i fuochi fatui, il fulmine globulare, le luci sismiche, etc...) e che sollevano problematiche vicine a quelle che pongono gli Ufo (rarità, difficoltà di rilevamento, di registrazione, etc.).
Il CIPH entra allora in contatto con i ricercatori dei Radiotelescopi di Medicina, Stelio Montebugnoli, Jader Monari, e con scienziati tra cui Albino Carbognani (specialista del fulmine globulare), Cristiano Fidani (luci sismiche), Enrico Arnone (TLE, Transient Luminous Events, Sprite), Massimo Teodorani (astrofisico), Matteo Leone (storico della fisica) e di astrofili quali Ferruccio Zanotti e Romano Serra (meteore, TLE).

Durante diverse missioni denominate EMBLA (il nome di una divinità nordica) i ricercatori italiani e norvegesi cercano di ottenere delle registrazioni dei fenomeni osservati ad Hessdalen, e ottengono come è noto degli spettrogrammi delle luci, ma senza che i dati raccolti permettano di definire in modo conclusivo sulla natura di questi fenomeni.

Nel 2003 un gruppo di astrofili guidati da Ferruccio Zanotti ottiene una serie di immagini di mini-flashes sopra il lago Oyungen (Hessdalen), avendo fatto ricorso a una tecnica simile a quella utilizzata per i rientri atmosferici di bolidi.
Differenti altri strumenti sono testati nel corso di diverse missioni realizzate grazie al CIPH, dirette da Stelio Montebugnoli e Jader Monari.

Nel 2007 grazie al tecnico Massimo Silvestri, il CIPH prova diverse apparecchiature in Italia nel quadro del progetto denominato SOSO (Smart Optical Sensors Observatory). La videocamera di SOSO sarà la prima a filmare uno Sprite a partire dal territorio italiano nella notte tra il 4 e il 5 settembre 2007.
In seguito viene sviluppata una rete di telecamere attraverso il paese grazie a un gruppo di astrofili: IMTN (Italian Meteors and TLE Network).
Nel 2009 Ferruccio Zanotti, con una videocamera a colori, filma il primo Gigantic Jet (della famiglia dei TLE) in Europa.
I test realizzati con le videocamere nell'ambito del Progetto SOSO, sono destinate a acquisire un know-how da portare in Norvegia, se i mezzi economici lo permetteranno, assieme ad altri strumenti realizzati da Montebugnoli e Monari dei Radiotelescopi di Medicina, nel quadro delle ricerche radio-astronomiche.
Dopo aver riportato al meglio l'informazione sulle ricerche strumentali realizzate nell'ambito CIPH, noi vorremmo inoltre riflettere sulle ragioni per cui la maggior parte degli Ufologi trascurano questo tipo di ricerche in favore della sola analisi delle testimonianze.
Vogliamo inoltre interrogarci sui limiti di questo genere di ricerche strumentali applicate all'ufologia e ricercare una risposta alle domande come ad esempio: cosa è un “sito ricorrente”? Le nostre ricerche cosa ci permettono di dire su questo genere di siti? Perché malgrado lunghi anni di sorveglianza del cielo, il progetto SOSO non ha registrato alcun fenomeno di tipo Ufo, vale a dire alcun fenomeno realmente non-identificato?
Noi proponiamo di affacciarci alle problematiche reali di questo genere di ricerche, alle condizioni da realizzare per registrare eventuali fenomeni, e alle problematiche che il dibattito tra “scettici” e “credenti” sembrano ignorare.



ARTICOLO

Precisamente all'inizio del 2000, un gruppo di ufologi italiani, per la maggior parte originari del CISU (Centro Italiano Studi Ufologici), si è raggruppato sotto il nome CIPH /Comitato Italiano per il Project Hessdalen) allo scopo di partecipare al Project Hessdalen, che era stato attivato da Erling Strand già nei primi anni 80 in Norvegia.

Contrariamente ad altri progetti il Project Hessdalen si presentava come il più realista perché insisteva su di una zona geografica ridotta all'interno della quale numerosi fenomeni erano stati segnalati, ciò che permetteva di prevedere dei costi più limitati e dei risultati potenzialmente più interessanti.

Nel testo che segue, descriveremo gli sforzi realizzati ed i risultati ottenuti, e cercheremo di comprendere ciò che questa iniziativa ci ha insegnato su interesse, limiti e possibilità future per questo genere di attività di rilevamento strumentale dei Fenomeni Aerospaziali Non-Identificati.
Vogliamo sottolineare che pur se è possibile uscire da un dibattito sterile (pro o contro gli Ufo) non per questo si entra in un mondo scientifico dove tutto diventa «fruitful» (fruttuoso) solo per il semplice fatto di aver collocato degli strumenti.

Diverse esigenze legate a questa ricerca si sono presentate nel corso del tempo e lo sviluppo della nostra azione continua a modificarsi di conseguenza.
In particolare nel corso delle diverse tappe, che descriveremo, è stato necessario :
a) comprendere sin dall'inizio ciò che poteva essere fatto per essere operazionali nell'ambito della ricerca tecnico-scientifica ;
b) una volta dotati di un minimo di strumentazione e di risorse umane, necessarie allo sviluppo di un progetto di ricerca, mettere in atto delle strategie per dare continuità alla ricerca stessa;
c) definire il nostro campo di azione per non limitarci semplicemente ad una ricerca sugli Ufo, ciò che avrebbe voluto dire restare legati ad un concetto flou di «non identificato» che, in quanto autoreferenziale, avrebbe potuto rendere difficile qualsiasi tipo di ricerca; in effetti noi abbiamo delle testimonianze che sembrerebbero evocare l'esistenza di uno o più fenomeni nuovi (all'interno della categoria approssimativa di Ufo), ma dato che ci troviamo di fronte a testimonianze circa qualcosa di «non-compreso» (non-identificato) è difficile stabilire ciò che dovrebbe essere misurato attraverso gli strumenti;
d) allargare il campo degli «oggetti luminosi» da mettere sotto osservazione, integrando quelli attualmente conosciuti (sprites e TLEs) o ancora in fase di dimostrazione (fulmine globulare, luci sismiche, et.) e, infine, quelli più banali come i bolidi, che assomigliano in qualche modo agli Ufo (almeno per quelli decritti dai testimoni Ufo in termini di: casualità, fugacità dell'osservazione, rapidità del movimento, et.);
e) fare il punto circa il nostro «know how» e stabilire un progetto più ampio (Progetto SOSO) capace di allargare il nostro campo di azione senza limitarci solamente alle «luci di Hessdalen».

I primi approcci strumentali agli Ufo: la mancanza di continuità della ricerca
L'ufologia, che vede la luce grazie alla prima testimonianza di « dischi volanti » di Kenneth Arnold, e grazie alle sue prime inchieste fatte su altri testimoni come lui, è una disciplina che in una prima fase si è basata sull'ipotesi che si trattasse di visitatori extraterrestri.
La quantità dei racconti era lì a dimostrarlo, senza bisogno di nessun'altra prova che non fosse qualche foto presa accidentalmente.
Si trattava di immagini che costituivano delle prove per qualche ufologo, anche se, nella migliore delle ipotesi, esse non potevano rappresentare che un semplice indizio su un aspetto del fenomeno.
 
In seguito a questo primo periodo di entusiasmo neofita, accanto a questa convinzione che le semplici inchieste potessero essere la prova dell'esistenza degli Ufo vi era, già a partire dagli anni 50, qualche raro ricercatore privato e qualche organismo pubblico che iniziava a collocare degli strumenti sul posto.

Vi rinviamo agli articoli dello studioso Philippe Ailleris, che si è spesso occupato dell'attenzione tecno-scientifica (non programmata) prestata al fenomeno Ufo1, vale a dire a tutte quelle ricerche improvvisate, non-continuative, che rappresentavano una urgenza del momento e obbedivano all'idea di poter dare delle risposte rapide.

Per alcuni studi militari, vedi quelli della Air Force americana, si trattava di comprendere se dietro gli Ufo si nascondesse la minaccia di un'arma segreta russa, si era nel pieno della Guerra Fredda. C'era anche una piccola parte di militari che contemplava la possibilità di una origine extraterrestre degli Ufo e che mostrava un bisogno urgente di capire se si trattasse di una potenziale minaccia dall'esterno.

La discussione si è spesso concentrata unicamente sui rilevamenti radar (per esempio nel caso di Washington del 1952) ad un'epoca in cui i dati forniti da questo genere di apparecchiatura erano difficili da interpretare. 

Nel quadro del Project Blue Book, il capitano Ruppelt aveva intravisto la possibilità di utilizzare delle fotocamere simili a quelle usate per la localizzazione dei meteoriti. La discussione è però restata a lungo “bloccata” sull'ipotesi extraterrestre.

Nel 1973, le ricerche realizzate dal fisico Hadley D. Rudlege nell'ambito del suo Project Identification sono state motivate dal solo desiderio di testare l'ipotesi extraterrestre 2.

In seguito, la riflessione si è evoluta e altri ricercatori come Claude Poher, creatore e primo responsabile del Gepan, piuttosto che Michel Monnerie, un membro influente del gruppo Lumières dans la Nuit (e futuro capofila degli ufologi scettici) hanno proposto di mettere in campo delle reti di rilevamento senza insistere particolarmente su una ipotesi o su un'altra. Ma, nel caso di Poher, il costo di una tale rete si era rivelato proibitivo, mentre nel caso di Résufo proposto da Monnerie, era stata la motivazione degli inquirenti privati, incaricati alla sua realizzazione, che aveva fatto difetto.

Discussioni senza fine continuano fino ai nostri giorni e si constata anche una tendenza trasversale che va da un'opposizione corrispondente ad un pregiudizio a una semplice incomprensione di ciò chiamiamo « ufologia strumentale » 3.

Molti sono gli ufologi che pensano che occuparsi di “luci di Hessdalen” sia qualcosa di diverso rispetto a fare dell'ufologia. Tra quelli che comunque credono che si tratti di ufologia, la maggior parte ha dato carta bianca a Strand e al Project Hessdalen; in altri termini hanno dimostrato un malcelato disinteresse verso ciò che accade nella valle norvegese.
Altri ufologi, al contrario, non si interessano ad Hessdalen che per mettere in discussione l'esistenza stessa di queste « luci ». Si tratta di una critica ad uno spettrogramma o di una analisi fotografica, ma in ogni caso l'interesse dimostrato è sporadico e senza impegno o sostegno a questa ricerca.

E' vero che, a partire dagli anni 80, l'entusiasmo per l'ufologia diminuisce progressivamente, e si dubita della sua capacità di costruire una realtà che possa dare un senso a questi misteriosi Ufo.
Ma, giustamente, è proprio nel corso di questi anni che il Project Hessdalen (attivo nel 1984) comincia a prendere forma. 
 
Per quanto concerne i limiti dei precedenti tentativi di ricerca strumentale, questi sono evidenti: tutti questi studi hanno in comune la mancanza di continuità nel tempo ciò che ha fatto sì che una collettività scientifica non si sia mai formata attorno al problema posto.
Questo tipo di problematica (scienziati isolati e studi di breve termine) è esistito in modo simile per altri « fenomeni orfani » di scienza (secondo la definizione del sociologo Pierre Lagrange), come ad esempio : fuochi fatui, fulmine globulare, luci sismiche, et.

Più tardi, nel 2000, noi intravvediamo nel tentativo di Strand questa perseveranza nel far fronte al problema scientifico posto dagli Ufo. 
 
La nascita nel 2000 del comitato CIPH e le ragioni del sostegno al Project Hessdalen
E' giustamente Lagrange che nel 2000 apre un dibattito sociologico sul quale, ufologi credenti e ufologi scettici, saranno in disaccordo; nell'articolo « Reprendre à Zéro » ci spiega le ragioni che rendono scientificamente più interessante uscire da questo tipo di discussioni senza fine « pro e contro » 4.

Occupandosi di una sociologia non-riduzionista degli Ufo, Lagrange ci chiarisce perché le spiegazioni psicologiche non siano di alcuna utilità per rendere conto delle osservazioni Ufo, e che sarebbe invece utile inventarsi nuovi comportamenti che permettano di passare dagli strumenti culturali agli strumenti scientifici.

Per pura coincidenza in quell'anno nasce il nostro CIPH 5 diretto da Renzo Cabassi, con una decina di ufologi appartenenti alla associazione CISU, gruppo caratterizzato da una attitudine “scettica”.
La maggior parte dei fondatori del CIPH si conoscono dal 1990.
L'idea di formare un comitato (e non un'altra associazione Ufo) si basa sulla volontà di essere un organismo informale e aperto a ogni contributo, intellettuale e scientifico, per lo studio più ampio possibile dei Fenomeni Luminosi in Atmosfera, compresi gli Ufo.

Quando più tardi leggeremo «Reprendre à zero», avremo l'impressione di seguire le tracce del percorso evocato da Lagrange affinché lo studio del non-identificato prenda una connotazione scientifica.

Perché Hessdalen ed il supporto al progetto di Erling Strand ?

Prima ragione : è a partire dal 1984 che Strand e Al. sono con continuità nella valle di Hessdalen (Norvegia) per studiare le cosiddette « luci di Hessdalen ». Si tratta dunque del solo studio al mondo che possa vantare una così lunga durata su un determinato sito.

Seconda ragione: è a partire dal 2000 che sono iniziate le missioni tecnologiche denominate EMBLA e la collaborazione a livello della strumentazione tra l'Ostfold College di Strand e i Radiotelescopi di Medicina (Italia), diretti da Stelio Montebugnoli.

Terza ragione : sentivamo il bisogno di fare qualcosa di concreto per aiutare la ricerca (all'inizio il nostro gruppo si è autofinanziato per mandare in missione l'astrofisico Massimo Teodorani).
Da sempre gli ufologi domandano alla scienza di occuparsi di Ufo e accusano gli scienziati di disinteressarsi del “fenomeno” (o addirittura di complottare contro la sua esistenza).
Alla base di questo pensiero condiviso dall'insieme dell'ufologia si può ritenere che ci sia una cattiva comprensione su come la scienza funzioni realmente nel suo modo di prodursi.
Diversamente il nostro gruppo vede all'interno degli studi scientifici molte tematiche che sembrano avere punti di contatto con il problema Ufo: in qualche modo la scienza si occupa già di non-identificato (ne parleremo più avanti).
Contrariamente all'opinione generale, il CIPH pensa che stia agli ufologi entrare nella logica di produzione della scienza, e non il contrario.

Quarta ragione : anche se attualmente si parla di « luci di Hessdalen » come di un fenomeno naturale ancora inspiegato sappiamo che , in realtà, quando tutto ha cominciato nel 1980 nelle vicinanze di Hessdalen, le testimonianze assomigliavano fin dall'inizio alle più comuni descrizioni delle ondate Ufo, ivi compresa la panoplia dei dischi volanti.
Anche se in maggior parte si trattava di luci erratiche, se si analizza qualche testimonianza in dettaglio, come ad esempio quella di August Holen, del settembre 1980, è evidente che siamo di fronte al tipico incontro ravvicinato con tre “dischi” descritti come di un materiale che assomiglia a del « rocks of candy » [dolcetto da leccare di zucchero cristallizzato, NdA] 6.
Noi ci chiediamo di rimpiazzare questo tipo di descrizione soggettiva con una descrizione oggettiva dello strumento, come Strand stava iniziando a fare.

Quinta ragione : non abbiamo una sola ed unica ipotesi da difendere, vogliamo quindi piazzare degli strumenti vicino al testimone, come succede con altri fenomeni incompresi.

Infine : anche se è evidente che le ricerche strumentali sugli Ufo sono rare, esse sono comunque una parte importante della storia della ricerca ufologica, perché permettono di uscire dal dibattito senza fine tra « credenti » e « scettici ».

Cosa abbiamo cercato di fare nei primi sei anni del CIPH
In effetti, a parte il lavoro di ricerca di finanziamenti, il primo scopo del CIPH è stato di mettere in relazione i diversi tipi di ricercatori - scienziati, ingegneri, sociologi, astrofili – suscettibili di un interesse verso lo studio dei fenomeni luminosi aerospaziali non identificati.
Dato che nessuna ipotesi fa l'unanimità sull'origine degli Ufo, al CIPH sembra interessante affrontare lo studio di tutti quei fenomeni che vanno in direzione dei fenomeni naturali poco-conosciuti (come i fuochi fatui, il fulmine globulare, le luci sismiche e altri ancora...) e che inoltre sollevano dei problemi simili a quelli posti dalle testimonianze Ufo: rarità, difficoltà di rilevamento e registrazione, et.

Il CIPH opera dunque in modo da entrare in contatto con i ricercatori del radiotelescopio di Medicina, Stelio Montebugnoli, Jader Monari, e con scienziati quali Albino Carbognani (fisico specialista del fulmine globulare), Cristiano Fidani (geologo esperto di luci sismiche), Enrico Arnone (TLE, Transient Luminous Events, Sprite), Massimo Teodorani (astrofisico), Matteo Leone (storico della fisica), e anche astrofili quali Ferruccio Zanotti e Romano Serra (meteore, TLE), o infine altri esperti di « Radio-Natura » quali Renato Romero e Flavio Gori (onde radio VLF)...

L'idea è semplice : i fenomeni luminosi della bassa atmosfera, sono testimoniati a livello del visibile, da testimoni occasionali e perciò, se ci si impone di provarli e comprenderli in modo scientifico, si deve necessariamente misurare il loro modo di influenzare tutto il campo elettromagnetico (nel visibile e nell'invisibile).
Dunque per ogni fascia del campo elettromagnetico si devono costruire strumenti adatti a registrare dati specifici e metterli in relazione tra loro, per poter infine stabilire una teoria che possa spiegare le diverse condizioni del fenomeno: modalità di innesco, durata-forma del fenomeno e la modalità di esaurimento dello stesso.

Durante le missioni EMBLA, anche se molte misure sono state prese con strumenti diversi, non vi sono state delle correlazioni strette tra le immagini catturate e le altre misure (VLF, VHF radar, analizzatore di campo magnetico, et.).

Sono stati presi spettrogrammi durante le missioni di osservazione del cielo (i Camp-Science dell'Ostfold College ), ma non sono mai stati risolutivi circa la natura del fenomeno rilevato.

Immagini (film, foto) prese durante le missioni EMBLA sono state argomento di lunghe discussioni tra ricercatori (Teodorani, Leone e Al.).
Si deve sottolineare, di passaggio, che questo dibattito ha interessato gli ufologi razionalisti solo per ridurre tutti i fenomeni di Hessdalen a delle misinterpretazioni di fari di automobile.

Al contrario, tutto il lavoro effettuato durante la missione del 2003 dal gruppo di astrofili denominato Columbia, diretto da Ferruccio Zanotti, non ha portato ad alcuna reazione presso gli ufologi, positiva o negativa, malgrado i loro risultati siano interessanti.
Il loro studio sul terreno, attraverso delle videoregistrazioni e delle osservazioni attuate con il metodo utilizzato per i rientri di bolidi in atmosfera, sembra dimostrare l'esistenza di micro-fenomeni luminosi frequenti, vedi dei micro-flashes di diversi colori (sul lago di Oyungen, vicino a Hessdalen).
Per coloro che hanno lavorato sul terreno del laboratorio all'aria aperta di Hessdalen, questi dati specifici sono ancora argomento di analisi nella speranza di tornare in valle con strumenti e procedure più performanti.

Il workshop del 2006. Il bisogno di fare il punto sul know-how acquisito : limiti e possibilità
 E' di fronte a questi risultati parziali che nel 2006 si decide di organizzare un workshop (al centro-visite dei Radiotelescopi di Medicina, Italia) per fare il punto sul nostro savoir faire, invitando a parteciparvi tutti quei ricercatori che in qualche modo avevano collaborato al Project Hessdalen.
Questo workshop (IPHW 2006, International Project Hesdalen Workshop) fornirà alla fine dei lavori dei Proceedings (in inglese) sotto forma di libro, le cui entrate finanziarie sono state utilizzate per coprire qualche spesa legata alla strumentazione per la ricerca.

E' in questo momento preciso che il nostro gruppo cambia la sua filosofia ed il suo modo di agire: fino ad allora il CIPH aveva supportato i ricercatori dall'esterno, con un sostegno in termini di organizzazione e di sostegno pratico (ad es. nessun membro del comitato è mai andato in missione ad Hessdalen).
Le considerazioni che, attraverso il workshop IPHW 2006, emanavano dall'analisi collettiva del lavoro sviluppato ad Hessdalen sembravano indicare abbastanza chiaramente dei limiti che dovevano e potevano essere superati :
a) ogni esperto tecnico aveva portato in valle degli strumenti sulla base delle proprie esperienze e del proprio know-how ma ci sembrava evidente che era il lato ottico a dover essere fortemente messo a punto. Eravamo primariamente confrontati ad un problema osservato, visuale;
b) nelle missioni di Hessdalen, mancava la coordinazione continuativa di un gruppo scientifico (fisici) sopra i lavori effettuati dai tecnologi;
c) la Blue Box, a Hessdalen, disponeva di videocamere fisse del tipo meteo, che funzionavano bene durante la giornata, ma che mettevano in evidenza molti “brusii” durante le registrazioni notturne; necessitava dunque una videocamera più performante per poter ottenere dei dati quantitativi e qualitativi, 24 ore su 24, e inoltre dotata di motion-détection;

d) di conseguenza non avevamo alcuna possibilità di disporre di una statistica che potesse eliminare o integrare delle possibili relazioni tra il nostro fenomeno e altre tipologie: aurore, fenomeni solari, cambiamenti di stagione, et..
e) visto e considerato il numero limitato di ricercatori, la distanza di Hessdalen (al centro della Norvegia) e le condizioni climatiche generalmente difficili, una stazione la più automaticizzata possibile era necessaria e possibile.

2007 : il Progetto SOSO a Idice, Bologna (Italia)
Dopo aver sviluppato tutte queste considerazioni, e aggiungendo che a livello di risorse umane all'interno del CIPH (Renzo Cabassi e Massimo Silvestri) disponevamo di tutte le tecnicità per rispondere a questi ostacoli, si pensò di poter agire diversamente e di fare della ricerca direttamente.

Dunque nel 2006, il nostro comitato diventa operativo dal punto di vista della costruzione di un sistema che chiameremo SOSO (Smart Optical Sensors Observatory) 7 il quale sarà testato a Idice (Bologna, Italia) nell'intenzione di trasferirlo in seguito in Norvegia.

Il Progetto SOSO di Massimo Silvestri, è un'idea di stazione di monitoraggio permanente, di una parte del cielo, dotato di un sistema il più possibile automatizzato (che abbia bisogno del minor numero di interventi possibili sul posto, durante l'anno), che può gestire a distanza da “remoto” e dotato di un software di cattura di immagini/video che permette all'operatore di prendere visione delle sole sequenze video dove si verifica una variazione/movimento sulla scena, detta “allarme”.
Il sistema SOSO (attivo a partire dal 2007) è dotato di una videocamera Mintron con un disturbo dell'immagine estremamente basso, grazie ad un sensore CCD Sony super HAD, per uso astronomico, che permette un buon rapporto segnale-rumore.
L'immagine video è gestita da un computer dotato di un sistema operativo Linux (Debian) che registra le sequenze video solo nel caso di tale variazione/movimento: una volta rilevata la variazione, questa è archiviata su un hard-disk per essere analizzata dall'operatore in un secondo momento; il software utilizzato è Motion (supportato da Linux).

Fenomeni orfani (o quasi) di scienza: allargare il campo della ricerca strumentale
Prima di entrare nel dettaglio dei risultati del Progetto SOSO vorremmo ritornare su questi “fenomeni orfani” di scienza che abbiamo solo brevemente menzionato in precedenza. Quando parliamo di fuochi fatui (Biagio Pelicani," Quaestiones metheororum" 1384?) di fulmine globulare (Francois Arago, "Sur la tonnere" 1838) di luci sismiche (Ignazio Galli, " Raccolta e classificazione
dei fenomeni luminosi osservati nei terremoti", 1910) e infine di sprites  (Franz,R.C., R.J. Nemzek, et J.R. Winckler,1989), parliamo di oggetti scientifici che hanno in comune diversi aspetti:
 
1) ognuno di questi fenomeni è stato a lungo considerato un non-identificato proprio come gli Ufo, nel senso che testimoni occasionali avevano osservato e descritto fenomeni luminosi transitori senza comprenderli.
Questi fenomeni sono spesso stati circondati da un folklore molto forte che potremmo considerare come una forma di epistemologia popolare, un tentativo di identificazione semplificata fatta a partire da un proprio bagaglio culturale: qualcosa che assomiglia a ciò che succede nelle testimonianze Ufo.
Le descrizioni e le interpretazioni in causa non sono necessariamente false e non sono giocoforza riferibili a degli errori di percezione (i casi di descrizione dei primi sprites sembrano dimostrarlo).
Come per gli Ufo la caratteristica effimera di questi fenomeni è tale che la scienza fatica a considerarli come reali.
In altre parole essi riescono ad esistere nelle testimonianze popolari (senza bisogno di prove) ma non esistono, o con grandi difficoltà, all'interno della collettività scientifica (in effetti le leggi esistenti non possono comprenderli).
Si tratta dunque di “eventi nascosti” secondo il termine del sociologo Ron Westrum8.
Anche nel caso degli sprites odierni, possiamo sottolineare che, anche se la loro vita scientifica inizia nel 1989, grazie ad uno strumento che era in fase di test, ci sono state, prima di quella data, alcune testimonianze visuali sporadiche che li descrivono correttamente ma che non hanno tuttavia permesso di riconoscerli come fatti.
Una volta che questi fenomeni nascosti sono compresi e accettati attraverso la pratica scientifica diventano molto meno rari di quanto si potesse immaginare prima.

2) Vi sono date abbastanza precise (fuochi fatui, 1384; fulmine globulare 1838; luci sismiche, 1910) in cui, grazie alle affermazioni di uno scienziato, questi fenomeni diventano reali, anche se non sono completamente accettati da tutta la totalità del mondo scientifico.
Prima di queste date tali fenomeni semplicemente non esistevano: vale a dire che, “col senno di poi”, è impossibile rigettare in modo assoluto l'esistenza di un fenomeno sulla semplice affermazione della possibilità dell'errore di percezione.

E' per questo motivo che noi consideriamo che un campo d'azione di ricerca strumentale il più ampio possibile possa essere utile allo studio degli Ufo, in quanto manifestazioni luminose in atmosfera.

Brevi considerazioni sui fenomeni luminosi in atmosfera “conosciuti”
Oggi nessuno dubita dell'esistenza ( e dell'inspiegabile estinzione) dei fuochi fatui, e tutti conosciamo la spiegazione stereotipata di Alessandro Volta (gas di palude).
A ben vedere la “scientificazione” dei fuochi fatui non giunge attraverso la prova abituale dello strumento, ma attraverso una serie di passaggi dialettici fatti da scienziati che hanno prestato attenzione a certe testimonianze.

Questi passaggi possono essere sintetizzati in questo modo:

a) eliminazione di una parte del folklore, e integrazione nel discorso scientifico di alcuni elementi non sospetti di irrazionalità.
Attraverso la loro razionalizzazione e la loro integrazione nel mondo scientifico i fuochi fatui non saranno mai più considerati spiriti dei morti, ma per esistere saranno relegati nelle paludi e nei cimiteri.
Al fine di far esistere i fuochi fatui come realtà riconosciuta dalla scienza, gli scienziati hanno dovuto “spolverare” le testimonianze delle caratteristiche più folkloriche ma hanno dovuto comunque conservarne certi aspetti; sono nelle paludi, nei cimiteri e in altri luoghi simili, ma come prodotto della decomposizione biologica.

b) Una scoperta scientifica (il gas, e in questo caso il gas di palude) è il passepartout dello scienziato Volta per far entrare nella realtà del fatto scientifico questi fenomeni luminosi più volte testimoniati nel corso dei secoli.
Ma, se si rileggono attentamente le testimonianze, si vedrà che questi fenomeni non sono sempre localizzati in una palude o in un cimitero, e non si manifestano che raramente sotto forma di semplice fiamma.
Così l'idea dei fuochi fatui come gas di palude si cristallizza 9.

c) Volta (ma già almeno Priestley prima di lui) aveva pensato a un fenomeno con un innesco di natura elettrica, ma non vedeva quale fosse disponibile in natura per far funzionare il fuoco fatuo 10.
In seguito molti chimici proveranno in varie occasioni a riprodurre un fuoco fatuo in laboratorio ma senza riuscirvi, fatto sta che il fuoco fatuo esiste comunque come ossidazione della fosfina e del metano, senza bisogno di ulteriore scienza.

Una situazione simile si presenta con il fulmine globulare.
Lo scienziato Arago, attraverso la classificazione di diverse forme di fulmine, permette al fulmine globulare di esistere oltre la testimonianza (vedi un fenomeno luminoso erratico di forma sferoide molto “simile” a quello dei racconti dei fuochi fatui).
A cominciare da quel momento, e senza bisogno di prove, il fulmine globulare entra nel mondo reale: nonostante che non sia accettato dalla totalità degli scienziati (ancora ai giorni nostri) esso inizia a esistere in diverse repliche di laboratorio grazie alla scoperta dei plasma.

d) questi “fenomeni orfani” di scienza non hanno avuto bisogno di una collettività scientifica interamente dedicata al loro studio per poter assumere una esistenza.
Sono, ad esempio, uno strumento ottico e una registrazione occasionale risultato del test di una videocamera fatto durante un temporale, a permettere agli sprite di esistere in quanto scoperta scientifica nel 1989.
Dopo questa data il numero esponenziale di articoli scritti sugli sprites è impressionante, così come l'aumento del numero di altri fenomeni riconosciuti nell'alta atmosfera, appartenenti alla famiglia dei TLEs (Transient Luminous Events): dunque non si può più parlare di fenomeni rari. 
Perciò, a partire dal momento in cui uno strumento, anche se per serendipità, è in grado di dimostrare un nuovo fenomeno, tutto ciò che era dapprima considerato raro o addirittura inesistente può con estrema facilità divenire un fenomeno ordinario e molto diffuso.

Questa serie di punti ci portano ad una serie di considerazioni che sono alla base della ragione stessa dell'esistenza del CIPH e della nostra filosofia non-scettica (e comunque neanche credente) di ricerca strumentale del non-identificato, in particolare:

1) anche se basati solo su delle testimonianze, possono esistere dei fenomeni degni di studio scientifico: non possiamo quindi affermare in modo assoluto che un fenomeno non esiste.
Se si adottasse la stessa attitudine che gli scettici adottano verso il fenomeno Ufo, fenomeni oggigiorno divenuti ordinari come gli sprites, assumerebbero una esistenza bizzarra.
In effetti sappiamo che uno sprite ( di così breve durata e così difficile da percepire) può essere osservato ad occhio nudo in determinate condizioni di osservazione guardando in direzione del temporale, da una certa distanza...
Il divulgatore scientifico William R. Corliss, nei suoi cataloghi di anomalie atmosferiche, aveva diligentemente raccolto, prima della scoperta degli sprites, qualche racconto testimoniale che assomiglia parecchio agli sprites riconosciuti in un secondo momento 11.

Se nel periodo precedente si adotta una visione scettica circa queste testimonianze stravaganti, gli sprites sarebbero esistiti solo come errori percettivi di misinterpretazione del testimone e esiterebbero solo per lo strumento a partire dal 1989.

2) Di conseguenza, gli investigatori che danno importanza alle testimonianze sono quelli che provano a porre degli strumenti accanto al testimone.

3) Dunque, la storia della scienza dei Fenomeni Luminosi in Atmosfera, qui brevemente riassunta, dimostra che anche cominciando da dei fenomeni a carattere “folklorico” si può fare avanzare la conoscenza scientifica.

I primi risultati di SOSO sui TLEs e la configurazione di una rete di astrofili
Ritorniamo ora al nostro progetto SOSO, nel 2007 quando viene installato a Idice (località nei pressi di Bologna, Italia) il sistema per testarlo: l'insediamento non è l'ideale a causa dell'inquinamento luminoso, ma non è neanche molto diverso dalla posizione casuale dei testimoni Ufo.

L'idea è quella di testare il sistema SOSO prima di inviarlo ad Hessdalen, ma oltre a ciò cosa speravamo poter filmare come fenomeno:

a) qualche luce non-identificata (dobbiamo dire che siamo riusciti a mettere in relazione delle testimonianze con degli identificati quali bolidi, satelliti tipo NOSS, ISS (International Space Station), ma non ancora dei Fenomeni Aerei Non-identificati;

b) un fulmine globulare (fino ad ora non ci sono state immagini scientifiche a riprova di questo fenomeno) 12.

Dunque il 4-5 settembre 2007, catturiamo con SOSO il primo sprite a partire dal territorio italiano 13.

Fino a quella data nessun scienziato italiano aveva collocato uno strumento ottico di fronte al fenomeno sprite.

Pertanto, a partire da questa esperienza siamo in contatto con un esperto di sprites e di chimica dell'atmosfera, Enrico Arnone, che all'epoca lavorava all'estero, partecipando tra l'altro alla rete degli scienziati di Eurosprite.
Da quel momento abbiamo avuto a disposizione: l'intera famiglia di questi fenomeni TLEs (Transient Luminous Events) dotata di caratteristiche simili a quelle degli Ufo, il sistema SOSO per rilevarle, e le relazioni scientifiche pe avere suggerimenti sulle procedure da seguire. 

Ma come era stato possibile captare, semplicemente in base a qualche fotogramma, questo allarme che si è presentato sotto forma di lampi di qualche decimo di secondo e riconoscerlo come uno sprite?
Ciò è stato possibile per la semplice ragione che Cabassi conosceva già l'esistenza e la forma di questo fenomeno, e perché ci eravamo posti il problema di dare una spiegazione ad ogni forma di “allarme”.

A partire da questo momento abbiamo catturato una grande quantità di sprites, e questo argomento ci ha permesso di rilanciare gli astrofili (primo tra tutti Zanotti) su un progetto più ampio che le luci di Hessdalen: la creazione di una rete di rilevamento di Bolidi e TLEs.
Nel 2009 il IMTN (Italian Meteors and TLE Network) è già operativo grazie a qualche stazione nel nord Italia.


Il 12 dicembre 2009 Zanotti filma, con l'aiuto di una videocamera a colori, il primo Gigantic Jet (della famiglia dei TLEs) in Europa.
In quel periodo saranno pubblicati un certo numero di articoli scientifici su questo Gigantic Jet, che presenta delle caratteristiche particolari.
Grazie al lavoro sviluppato sui TLEs dalla rete IMTN siamo a tutti gli effetti un collettivo composto da astrofili, tecnologi, scienziati e perché no... ufologi.

La rete italiana IMTN attualmente è costituita da 20 stazioni dotate di videocamere, tra le quali due realizzate da ufologi.

Si deve tuttavia evidenziare che questa rete ottica sul territorio nazionale non è ancora pronta a prestare attenzione ad eventuali fenomeni Ufo.
In effetti gli astrofili sono in generale molto scettici vero il tema degli Ufo, probabilmente in ragione del fatto che, troppo facilmente, l'Ufo è associato senza spirito critico alle visite extraterrestri e ai dischi volanti.
Al contrario, all'interno del gruppo IMTN ci sono stati alcuni rari casi di non-identificato che hanno aperto delle piccole discussioni all'interno della mailing-list ( ma a nostro avviso tutti questi casi, assai limitati in numero hanno una spiegazione banale)14.

Strumenti, possibilità, analisi e miglioramenti nel prossimo futuro
Il progetto SOSO, dopo questa prima fase iniziale, ha avuto una seconda tappa nel suo sviluppo: l'istallazione accanto alla videocamera di una strumentazione VLF/ULF per la registrazione 24 ore su 24, di segnali nella banda al di sotto dei 22 Khz.
Questi ricevitori, in particolare grazie al lavoro di Massimo Silvestri e di Jader Monari, e al supporto esterno di Renato Romero, sono collegati al sistema di rilevamento ottico di SOSO.
Questo ci ha permesso, nel caso di un allarme (bolide o sprite), di verificare se esistesse una traccia nel campo radio.

Da più di un anno, il sistema SOSO è stato trasferito presso i Radiotelescopi di Medicina.

Disponiamo attualmente di due videocamere Mintron, la prima che opera con Motion-Linux e la seconda con Windows-Ufocapture (quest'ultima dotata di un sistema mobile track che si orienta automaticamente in direzione delle celle temporalesche).
Queste videocamere funzionano assieme ad un sistema composto da: un ricevitore ULFO (da 0 a 25 hz), un ricevitore VLF (da 0 a 20 Khz), e infine un analizzatore di spettro (da 0 a 3 Ghz). Quest'ultimo è in fase di attivazione. 

Pure una piccola centrale meteo è attualmente attiva.

Da circa un anno, la stazione Blue Box a Hessdalen è collegata a un computer dotato della stessa gestione di SOSO, che permette di catturare una sequenza video in caso di allarme.
L'analisi delle variazioni intervenute sull'immagine è svolta da Strand in collaborazione con l'Italia.

Sfortunatamente, la videocamera installata sulla Blue Box non è una Mintron e non ha le qualità di una videocamera di tipo astronomico. Mostra dunque diversi inconvenienti, in particolare nelle riprese di sequenze video notturne.

Ultimamente, il gruppo di astrofili denominato Gapers (di San Giovanni in Persiceto, Bologna, Italia) diretto dal fisico Romano Serra (che ha partecipato a diverse missioni ad Hessdalen) ha cominciato un'ulteriore ricerca per comprendere i mini-flashes osservati e registrati ad Hessdalen nel 2003.
Serra ha otturato la videocamera del loro sistema Mintron/Ufocapture e sta ora studiando le tracce delle scintille luminose lasciate sul CCD della videocamera per via dell'iterazione tra raggi gamma e muoni (che spesso catturiamo durante le sessioni notturne).

Nonostante quei mini-flashes siano stati osservati anche ad occhio nudo dagli astrofili del gruppo di Zanotti ( e Serra), a Hessdalen nel 2003, lo studio di Serra potrebbe avere un certo peso sulla nostra ricerca poiché potrebbe confermare l'esistenza di un fenomeno esterno ed il suo funzionamento. 

A tale proposito, Serra e Monari hanno sviluppato un'ipotesi elettrochimica direttamente legata alle caratteristiche geo-fisiche di Hessdalen riguardo la quale si stanno attuando ulteriori verifiche in laboratorio.

Ancora: una volta sviluppate tutte le analisi nella gamma del visibile e le loro possibili correlazioni (VLF, ULF, et.), si considera possibile e utile un'analisi degli infrasuoni e dell'infrarosso (con una telecamera Flir), nella fase che precede e quella che segue i fenomeni luminosi per comprendere la persistenza dell'evento ed il suo funzionamento.

Infine, tutti i tests realizzati con le videocamere e gli strumenti radio del progetto SOSO attuale sono destinati a acquisire una conoscenza da trasferire in Norvegia (o in altri luoghi), allorquando i mezzi finanziarii lo permetteranno, insieme ad altri strumenti che sono in fase di sviluppo da parte di Montebugnoli e Monari dei radiotelescopi di Medicina (nel quadro delle loro conoscenze in campo radioastronomico).

SOSO e gli Ufo
I nostri strumenti riescono dunque a catturare agevolmente degli eventi rapidi e random come i bolidi e i TLEs, ma apparentemente non catturano dei fenomeni non-identificati.
In altre parole, perché non filmiamo degli Ufo?

Piuttosto che affermare semplicisticamente che i testimoni sono dei cattivi osservatori, dei non-esperti, o delle vittime di errori percettivi, tendiamo a pensare che commettiamo errori nel nostro monitoraggio strumentale del cielo; in tal senso :

a) i nostri strumenti puntano nelle direzione sbagliata del cielo, in particolare nella direzione dei temporali al fine di rilevare dei TLEs: i fenomeni non-identificati come quelli che cerchiamo di rintracciare non sono per forza visibili all'altezza dei temporali;

b) i nostri strumenti o i nostri programmi software sono più adatti a certi tipi di fenomeni che non ad altri;

c) le nostre telecamere puntano verso l'alta atmosfera, mentre i non-identificati potrebbero essere un fenomeno che si sviluppa più facilmente nella bassa atmosfera, o anche a livello del suolo;

d) forse esistono dei “siti ricorrenti” vale a dire dei luoghi dove certi fenomeni non-identificati sono favoriti da condizioni specifiche (come potrebbe essere il caso nel sito di Hessdalen); a favore di questa ipotesi c'è questo primo studio di Serra e Monari che identifica nella configurazione del terreno di Hessdalen una sorta di batteria naturale 15.

e) esistono degli altri impedimenti che non riusciamo a discernere a causa dei quali i nostri strumenti sono ciechi di fronte agli Ufo.

Conclusione
La ricerca strumentale del non-identificato non ci condurrà, forse, alla soluzione dell'enigma Ufo o a comprendere le “luci di Hessdalen”, ma è certo che c'é ancora un enorme lavoro da svolgere.

Attraverso la ricerca strumentale del non-identificato, che si incrocia facilmente con la ricerca più generale sui Fenomeni Luminosi in Atmosfera, si potranno fare delle scoperte su fenomeni ancora alla frontiera della scienza come quelli “quasi-identificati”, vedi il fulmine globulare, e può darsi anche riguardo fenomeni “identificati” come i TLEs.

Ma tutto ciò, ancor che il rinforzarsi di una collaborazione tra ufologi, astrofili e scienziati sia auspicabile, supera quel po' di energie organizzative e finanziarie di un piccolo gruppo come il CIPH.

Un tale sforzo necessita di una collaborazione più ampia (a livello europeo) e di nuove risorse umane che si integrino e che rafforzino la situazione esistente.
Dopo la lunga storia degli Ufo (e più in particolare quella delle “luci di Hessdalen” e del lavoro svolto dal Project Hessdalen) è difficile poter pensare che esista una sola soluzione ai problemi posti dai testimoni Ufo, capace di dare rapidamente una risposta strumentale.

In ogni caso noi ci aspettiamo che le prossime tappe della ricerca scientifica in questo campo siano estremamente interessanti.


Ringraziamenti
Si ringrazia il Project Hessdalen (http://www.hessdalen.org/), ed in particolar modo Erling Strand e Bjorn G. Hauge.
Un ringraziamento particolare a Renato Romero [http://www.vlf.it] que a partire dal 2005 collabora per la parte radio con il nostro comitato: [http://www.itacomm.net/PH/27_Romero&Monari_it.pdf].
E ancora allo scienziato Enrico Arnone che fin dai primi passi del Progetto SOSO, ci ha sostenuto anche se portavamo il marchio di ufologi.
Infine il sociologo Pierre Lagrange per tutta la sua attenzione al nostro lavoro.

Note
1 Ailleris Philippe, “The lure of local SETI: Fifty years of field experiments”, riv. Acta Astronautica, 2010.
2 Rutledge D. Harley, “The first Scientific Study of UFO Phenomena”, Prentice-Hall, 1981.
3 Grassino Gian Paolo e Al., UFO e ufologia. La guida del Centro Italiano Studi Ufologici”, Edizioni UPIAR, 2007.
4 Lagrange Pierre, “Reprendre à Zéro, riv. Inforspace, n.100, 2000.
6 Vedi inchiesta dell'associazione UFO-Norge del 18 maggio 1982 (fonte Erling Strand).
7 Il sito internet del Progetto SOSO: http://www.ciph-soso.net/SOSO/HomePage.html
8 Westrum Ron, “Hidden Events and Closed Minds: The Case of Battered Children”, EDGESCIENCE n. 8, 2011
9   Volta Alessandro, "Lettere del signor don Alessandro Volta sull'aria infiammabile nativa delle paludi", 1777.
10 Priestley Joseph, “Experiments and Observations on Different Kinds of Air”, 1775.
11 Corliss R.William, “Lightning, Auroras, Nocturnal Lights, and Related Luminous Phenomena”, 1982.
12 Esiste di recente il caso di “serendipity” del « fulmine globulare » catturato accidentalmente durante un temporale , quest'anno in Cina : Y. Chen, P Yuan, S. Xue, « Observation of the Optical and Spectral Characteristics of Ball Lightning », Physical Review Letter, 2014.
Fonte : http://physics.aps.org/articles/v7/5. [L'affermazione della mancanza di immagine scientifica è vera fino alla data del workshop Caipan 14, poiché in quell'occasione a porte chiuse l'astronomo Piccoli, de « Le Laboratoire de la Foudre » ha anticipato la registrazione del fulmine globulare da parte della loro equipe, NdA].
13 Questo primo sprite è visibile sul nostro sito web alla URL:
Dopo questo evento siamo in contatto con la rete di scienziati europei che studiano i TLEs:
14Si possono trovare questi casi insoliti sulla mailing-list del IMTN: http://meteore.forumattivo.com/f50-eventi.insoliti-riprese-video
15Vedi il loro articolo alla URL: http://www.itacomm.net/PH/2013_Monari_et-al.pdf

 

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